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Il diritto di contare: donne invisibili, menti brillanti

“Hidden figures: il diritto di contare” racconta la storia vera di tre donne afroamericane – Katherine Johnson, Mary Jackson e Dorothy Vaughan – che lavorano come matematiche alla NASA negli anni ’60, in un momento cruciale per la corsa allo spazio contro l’Unione Sovietica. Nonostante il contesto dominato da segregazione razziale e discriminazione di genere, le tre riescono a dimostrare il loro talento e a contribuire in modo decisivo alle missioni spaziali. Il film mette in luce non solo il valore del loro contributo scientifico, ma anche gli ostacoli culturali e sociali che le donne, in particolare le donne nere, si trovavano ad affrontare nel mondo della scienza e della tecnologia.

Tre donne, una rivoluzione

In un’epoca segnata dalla Guerra Fredda, il film racconta la corsa allo spazio attraverso le vicende di tre donne emarginate, parte del gruppo delle colored computers, che con intelligenza e perseveranza cambiarono il corso degli eventi.

Katherine Goble Johnson, genio matematico fin da bambina, viene chiamata a supportare il team che lavora alla missione per mandare il primo astronauta americano in orbita. Nonostante il talento, viene accolta con ostilità da colleghi uomini e bianchi che non ne riconoscono le capacità.Però, grazie alla sua determinazione e ai suoi calcoli precisi, diventa una figura chiave nella missione di John Glenn, guadagnandosi così il rispetto della NASA.

Mary Jackson si distingue per la sua determinazione: aspira a diventare ingegnere, ma per realizzare il suo sogno deve affrontare un sistema che le nega il diritto all’istruzione necessaria per affermarsi. Quando scopre che il corso di specializzazione richiesto è offerto solo in una scuola riservata ai bianchi, decide di fare ricorso al tribunale della contea. Vince la causa, diventando non solo la prima donna afroamericana a ricoprire il ruolo di ingegnere alla NASA, ma anche la prima persona nera ammessa in quell’istituto. La sua conquista personale si trasforma così in un simbolo di progresso per un’intera comunità.

Dorothy Vaughan, la più anziana e saggia del gruppo, ricopre da tempo il ruolo di responsabile del gruppo di calcolatrici afroamericane, ma senza mai ricevere il riconoscimento formale per il lavoro che svolge quotidianamente. Dotata di grande visione, intuisce prima degli stessi dirigenti che l’arrivo del primo computer IBM segnerà una trasformazione radicale. Decide quindi di prepararsi al cambiamento: studia da autodidatta i linguaggi di programmazione. Grazie alla sua intuizione, diventa una pioniera della programmazione alla NASA, guidando il suo team nella transizione tecnologica e conquistando, infine, il ruolo e il rispetto che le erano stati a lungo negati.

Quella di Katherine, Mary e Dorothy è una rivoluzione silenziosa ma potentissima, fatta di: competenza, intelligenza e resistenza. Sono eroine non convenzionali che, senza mai uscire dai confini imposti, riescono a incrinarli dall’interno, dimostrando che il sistema ha bisogno di loro più di quanto voglia ammettere. La loro storia è l’inizio di un cambiamento non solo per la NASA, ma per tutta la società americana.

Discriminazione di genere e razziale

Il film è ambientato nei primi anni ’60, in Virginia, epoca in cui le leggi Jim Crow imponevano segregazione razziale in molti aspetti della vita quotidiana: bagni , mense, scuole ed edifici separati per bianchi e neri.

Le protagoniste non sono solo donne, quindi già discriminate da una società patriarcale, ma sono anche afroamericane. Dunque, le due condizioni di svantaggio si sommano.

Tutto ciò emerge molto chiaramente nel confronto tra Katherine, Mary e Dorothy con le altre donne bianche impiegate della NASA. Queste ultime, sebbene anch’esse escluse dalle posizioni di potere e relegate a ruoli considerati “inferiori”, godono comunque di maggiori privilegi rispetto alle protagoniste.

Esse non sono solo “un gradino in meno rispetto agli uomini”, bensì vengono trattate con disprezzo e astio, come mostrano diversi episodi nel film.

Ad esempio, Katherine è costretta a camminare quasi un chilometro per raggiungere un bagno “per persone di colore”, poiché nell’edificio in cui lavora non ce n’è uno. Anche quando dimostra la sua competenza superiore, deve lottare duramente per ottenere il diritto di partecipare alle riunioni in cui si prendono decisioni cruciali sui lanci spaziali. Dorothy, in un’altra scena significativa, è costretta a “prendere in prestito” un libro da una biblioteca riservata ai bianchi, senza farsi vedere. Mary, invece, affronta un giudice per convincerlo a lasciarle frequentare un corso di ingegneria riservato ai soli bianchi.

Il lavoro femminile tra esclusione e invisibilità

Il film offre un ritratto nitido della condizione delle donne nel mondo del lavoro dell’epoca. Venivano spesso impiegate come “calcolatrici umane”, ma escluse dalle riunioni importanti perché ritenute incapaci di comprendere questioni tecniche complesse, in quanto donne. I loro meriti e contributi venivano regolarmente sottovalutati o ignorati. Tuttavia, la storia dimostra chiaramente che senza il contributo delle tre protagoniste, il lancio nello spazio dell’astronauta John Glenn non sarebbe stato possibile.

Questa realtà di esclusione, seppur raccontata in un contesto statunitense, trova un riscontro concreto anche nella situazione italiana degli stessi anni. Tra il 1959 e il 1972, l’occupazione femminile in Italia subì un crollo di oltre un milione di unità, mentre il numero delle donne “etichettate” come casalinghe superava di gran lunga quello delle lavoratrici. A pesare erano soprattutto le responsabilità familiari, che costringevano molte a rinunciare al lavoro, mentre la maternità veniva spesso usata come giustificazione per licenziamenti o esclusioni. Inoltre, a parità di mansione, le donne ricevevano salari inferiori fino al 30% rispetto agli uomini.

Il sistema lavorativo, ma anche quello sociale e culturale, era organizzato per mantenere la divisione dei ruoli: l’uomo produttore, la donna assistente o supporto.

Un’esclusione silenziosa che, nonostante i cambiamenti avvenuti nel tempo, continua in parte a ripetersi ancora oggi.

Oggi come ieri? Discriminazioni che resistono

Nel mercato del lavoro contemporaneo, la sotto-rappresentazione femminile nei settori STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) è ancora ben evidente.

Secondo il Rapporto sul Divario di Genere del 2022, uomini e donne continuano a orientarsi verso percorsi di studio “tradizionali”, legati agli stereotipi di genere. Le donne, infatti, si iscrivono più frequentemente a corsi in ambiti come l’Istruzione, la Salute e il Welfare.

Questa tendenza è influenzata da stereotipi culturali che, fin dall’infanzia, suggeriscono alle bambine che le materie scientifiche e tecniche siano “più adatte” ai maschi.(Fonte: The Journey of Women in STEM – UNDP)

Questo fenomeno alimenta un divario di competenze nelle discipline STEM, con una minore presenza di donne formate in ambito tecnico-scientifico. Il risultato è una perdita significativa di potenziale umano per il mercato del lavoro, che fatica a coprire ruoli altamente specializzati.

Oltre alla questione dell’accesso e della formazione, nel contesto europeo attuale persistono diverse forme di discriminazione di genere nel lavoro, anche se in misura minore rispetto agli anni ’60:

  • Pay gap: le donne nell’Unione Europea guadagnano in media il 12% in meno all’ora rispetto agli uomini.(Fonte: Gender pay gap – Parlamento Europeo)
  • Progressione di carriera: le donne incontrano maggiori difficoltà nell’ingresso nel mercato del lavoro e nella scalata ai vertici aziendali, con una scarsa rappresentanza nelle posizioni dirigenziali.
  • Divario occupazionale: nel 2022, il tasso di occupazione maschile nell’UE era dell’80%, contro il 69,3% per le donne.

Il cielo non ha confini, ma la società sì

Il diritto di contare non rappresenta soltanto il racconto di tre donne straordinarie, ma si configura come un messaggio forte e estremamente rilevante. Il titolo originale, Hidden Figures, ovvero “figure nascoste”, ci invita a riflettere su quante persone, ancora oggi, restino invisibili nei contesti lavorativi e sociali a causa del genere o del colore della pelle. Se è vero che dalla NASA degli anni ’60 ad oggi sono stati compiuti importanti passi avanti, è altrettanto vero che gender gap e razzismo non sono stati sconfitti: si sono fatti meno espliciti, ma non per questo meno reali. Dunque, è fondamentale continuare a portare alla luce le “figure nascoste” del presente, valorizzando i talenti senza discriminazioni e costruendo una società davvero equa, dove contare non sia un privilegio, ma un diritto per tutti.

Le autrici

Beatrice D’Achilli
Junior HR
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Ilaria Vignarelli
Junior HR
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