“Ho letto che i musicisti non vanno in pensione, smettono quando non hanno più musica dentro. Beh, io ho ancora musica in me e su questo non ho alcun dubbio.”
Negli ultimi anni si è affermato con crescente interesse il concetto di “Returnship”, ovvero programmi di reinserimento lavorativo dedicati a persone che, per motivi personali, familiari o per il pensionamento, si sono temporaneamente allontanate dal mondo del lavoro.
Per le persone in età avanzata, i “Returnship” rappresentano non solo una possibilità concreta di rientro nel mercato del lavoro, ma anche una risposta al bisogno profondo di sentirsi ancora utili, valorizzati e parte di una comunità.
Il film “Lo stagista inaspettato” (The Intern, 2015), propone una narrazione di come il lavoro in età avanzata possa essere un punto di svolta, nonostante le differenze intergenerazionali. Il protagonista, Ben Whittaker, è un vedovo settantenne in pensione che, nonostante una vita apparentemente tranquilla, avverte un senso di vuoto e inutilità. In cerca di nuovi stimoli e desideroso di tornare attivo, decide di candidarsi a un programma di stage senior presso una dinamica start-up di moda guidata dalla giovane imprenditrice Jules Ostin. L’incontro tra due mondi generazionali apparentemente distanti dà vita a una relazione umana e professionale ricca di scambi, insegnamenti reciproci e crescita condivisa.
Il bisogno psicologico di sentirsi utili
La piramide di Maslow
Secondo la teoria della gerarchia dei bisogni di Abraham Maslow, l’essere umano è motivato da una serie di esigenze organizzate in livelli, che vanno dai più basilari ai più complessi. Alla base si trovano i bisogni fisiologici e quelli legati alla sicurezza; seguono i bisogni di appartenenza, di stima e, infine, il bisogno di autorealizzazione. In questo schema, il lavoro assume un ruolo fondamentale, soprattutto nella terza età, quando la persona continua a desiderare di sentirsi utile, ascoltata e riconosciuta.
Perchè Ben Whittacker decide di tornare a lavorare?
Ben, pur essendo ormai in pensione e avendo occupato il suo tempo con viaggi e attività piacevoli, avverte un senso di vuoto. Ha bisogno di uno scopo, di sentirsi nuovamente utile. Questo desiderio emerge chiaramente in gesti semplici ma simbolici: la cura nella scelta della cravatta, la sveglia puntata con precisione, l’entusiasmo con cui affronta il primo giorno da stagista. Non si tratta solo di lavoro: è una ricerca di senso, identità e connessione.
Lavoro per sentirsi parte attiva della società
L’essere impegnati lavorativamente nella terza età, produce benefici :
- A livello cognitivo,un’attività lavorativa o impegnativa favorisce il potenziamento di diverse funzioni mentali quali attenzione e memoria.
- A livello psicologico, sentirsi coinvolti in un’attività conferisce all’anziano un senso di utilità e competenza, elementi fondamentali per il mantenimento di un’autostima positiva.
- A livello sociale, partecipare a un’attività, soprattutto se accompagnata da interazioni con gli altri, stimola la socializzazione, contribuendo a un senso di appartenenza e partecipazione.
Generazioni a confronto
Il mondo del lavoro è da sempre attraversato da diverse generazioni, ciascuna con i propri valori, abitudini e modi di affrontare le sfide professionali. Nell’ambito lavorativo si interfacciano le seguenti generazioni:
- Generazione Z (1997–2012): cerca aziende inclusive e attente ai valori; privilegia la flessibilità al posto fisso ed è pronta a cambiare lavoro se l’equilibrio vita-lavoro viene compromesso.
- Millennial (1981–1996) e Generazione X (1965–1979): rappresentano una fase di transizione. I Millennial vogliono stabilità, buoni stipendi e benefit, mentre la Gen X è più pragmatica e meno incline al cambiamento.
- Baby Boomer (1946–1964): hanno una forte etica del lavoro e lealtà verso l’azienda, puntano alla realizzazione personale, ma spesso non sono valorizzati nonostante la loro esperienza.interfacciano le seguenti generazioni:
Come favorire la convivenza intergenerazionale
Molto spesso l’intergenerazionalità può causare tensioni all’interno dell’ambiente di lavoro. Ma, come abbiamo visto nel film, grazie ad alcune pratiche di inclusione queste differenze d’età possono diventare una risorsa. Di seguito alcune Best practice:
- Reverse mentoring: è una relazione in cui i ruoli tradizionali tra mentore e allievo vengono scambiati. In questo modello i vantaggi vanno da una condivisione di competenze: i più giovani aiutano i più senior a utilizzare nuovi strumenti fino a migliorare il dialogo intergenerazionale. Nel film questo scambio bidirezionale si concretizza nella relazione tra Ben e Jules, i quali si arricchiscono reciprocamente attraverso un continuo apprendimento e confronto
- La flessibilità rappresenta un elemento cruciale nelle politiche aziendali, che devono sapersi adattare alle diverse esigenze delle varie generazioni.
- L’ambiente lavorativo deve essere improntato all’inclusività, valorizzando la diversità di idee e competenze provenienti da differenti generazioni. L’intergenerazionalità diventa così un vero vantaggio competitivo per l’azienda.
Rapporto tra Ben e Jules: il futuro ha bisogno del passato
Nel film ritroviamo un interessante spunto di riflessione sul confronto tra generazioni nel mondo del lavoro. All’inizio della storia, le differenze tra Ben e i giovani colleghi appaiono marcate e quasi comiche: Ben si presenta in giacca e cravatta, porta con sé una valigetta, mentre i suoi colleghi sono multitasking e completamente immersi nella tecnologia. Tuttavia, man mano che la narrazione si sviluppa, Ben diventa una risorsa non solo nell’ambiente lavorativo, ma per chiunque lo circonda. Infatti Jules, la giovane fondatrice dell’azienda, scopre in Ben un punto di riferimento umano e professionale, capace di offrirle sostegno emotivo e consigli pratici nei momenti di crisi.
Conclusioni
Il lavoro nella terza età può essere un’occasione per riscoprirsi e sentirsi ancora utili, valorizzando la propria esperienza e mantenendo attiva la propria identità. Lavorare in questa fase aiuta a coltivare relazioni, rafforzare l’autostima e favorire il benessere emotivo. “Lo stagista inaspettato” mette in luce i vantaggi della collaborazione intergenerazionale, della sfida allo status quo, della risoluzione creativa dei problemi, dell’adattabilità e dell’empowerment dei dipendenti. Attraverso le interazioni tra Jules e Ben, il film ci ricorda che l’innovazione può nascere da fonti inaspettate e che accogliere nuove idee può portare a una crescita personale e professionale.
Le autrici

Beatrice D’Achilli
Junior HR
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Ilaria VIgnarelli
Junior HR
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